Tuesday, November 5, 2013

IL COMMENTO SULLE ELEZIONI MUNICIPALI A MONTREAL


Coderre vince, ma non stravince

I due terzi degli elettori montrealesi non hanno votato per l’ex Ministro liberale

“Tutto deve cambiare perché nulla cambi……”. È la massima de ‘Il Gattopardo’, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una massima sempre attuale, ad ogni latutidine e longitudine, che ‘casca a fagiolo’ per interpretare il voto montrealese. Dopo gli scandali di collusione e corruzione di cui si è macchiata la classe dirigente ‘vecchio stampo’, ci si aspettava un sussulto d’orgoglio. Doveva essere il voto del cambiamento, della protesta, di una nuova ‘rivoluzione tranquilla’. E invece, alla fine, l’ha spuntata un politico per eccellenza: Denis Coderre (una personalità fino ad oggi irreprensibile, ma, suo malgrado, simbolo di una politica datata). Tra i suoi candidati figurano molti ‘pezzi da novanta’ provenienti dal chiacchierato Union Montréal, come Alan DeSousa, Marvin Rotrand e Michel Bissonnet. Ma il vento dell’antipolitica, incarnato per l’occasione da un’avvocatessa brillante ma sconosciuta ed inesperta, ha soltanto sfiorato un ‘peso massimo’ come l’ex deputato liberale: il suo carisma ha avuto la meglio sull’esperienza municipale di Bergeron, sulla competenza economica di Coté e sulla freschezza coraggiosa di Joly. Ha avuto ragione lui: gli elettori hanno premiato il suo prestigioso ‘pedigree’ di politico federale. Eletto nella contea di Bourassa per 16 anni, dal 1997 al 2013, è stato anche Ministro dell’Immigrazione dal 2002 al 2004: un lusso a cui Montréal non ha saputo rinunciare. Ma con giudizio e senza staccare cambiali in bianco. Se è vero, infatti, che gli elettori hanno scelto il candidato più credibile e dal curriculum  più autorevole, il classico politico di professione, dall’altra è anche vero che hanno deciso di sorvegliarlo da vicino con un’opposizione per nulla remissiva. Insomma, Coderre ha vinto, sì, ma non ha stravinto. E la città non trabocca di entusiasmo. Tanto è vero che il neo sindaco ha conquistato il 32,12 % dei consensi, molto meno di quanto gli accordavano i sondaggi (che lo davano oltre il 40%) e addirittura meno di quanto raccolto da Gérald Tremblay nel 2009 (il 37.9%, ovvero 159.020 voti), subito dopo lo scandalo dei contatori d’acqua. A conti fatti, anzi, i due terzi dei montrealesi hanno votato diversamente. Sarebbe bastato che Coté e Joly si fossero uniti per battere senza difficoltà l’ex Ministro liberale. Ad agevolare Coderre è stata la dispersione del voto contro, così come un sistema elettorale maggioritario secco. Oltre ad una macchina organizzativa diffusa e capillare, che ha saputo serrare le fila dei sostenitori. Al contrario di quanto fatto da Melanie Joly, che si è ritrovata catapultata in una realtà al di sopra delle più rosee aspettative: la sua squadra improvvisata di volontari non è stata in grado di invogliare soprattutto i più giovani a recarsi alle urne. Il tasso di partecipazione, infatti, è aumentato di pochi punti, passando dal 39.4% al 43,30 % (ben al di sotto della media provinciale, pari al 50%): una crescita non sufficiente per cambiare il volto della politica montrealese. Ma sufficiente per dare a Coderre una vittoria più misurata, che si è tradotta in 27 seggi su 65 al consiglio comunale, quindi nella mancanza di una maggioranza relativa; e nella conquista di 8 arrondissements su 19  (nel 2005 erano stati solo 2 su 19 quelli ‘sfuggiti’ a Union Montréal, mentre 4 anni dopo erano saliti a 6). Due piccoli ‘segnali’ che suonano come un avviso: Coderre non può fare il bello e cattivo tempo, ma dovrà scendere a compromessi. Un modo per arginarne il potere e controllarne la discrezionalità. Certo, Coderre potrà sempre bypassare l’ostacolo accogliendo nella sua squadra gli 8 indipendenti eletti, anche perché molti sono ex ‘generali’ di Union Montréal (come Luis Miranda, Marie Cinq-Mars, Manon Barbe e Claude Dauphin); senza trascurare il fatto che, a livello municipale, gli steccati partitici sono piuttosto aleatori. Sta a Coderre, adesso, non abusare della ‘fiducia non illimitata’ che gli hanno accordato gli elettori, amministrando la città nel segno del dialogo e della trasparenza. Potrebbe essere l’ultima occasione: se traditi, tra 4 anni gli elettori potrebbero voltare le spalle ai vecchi politici. E, questa volta, dare la propria fiducia anche ad un’avvocatessa sconosciuta ed inesperta.


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