Tuesday, May 6, 2014

L'INTERVISTA - Carlo Lucarelli: racconto il male per combatterlo








A Montréal per ‘Metropolis Blu’, lo scrittore giallista, celebre per le trasmissioni tv sui misteri insoluti del Belpaese, ci svela il segreto del suo successo anche all’estero

È stato lo scrittore giallista Carlo Lucarelli, il re del noir italiano, a rappresentare l'Italia alla 16ª edizione del festival letterario “Metropolis Bleu Met” di Montréal (28 aprile-5 maggio). “In circa 20 anni ha scritto 30 libri, numerosi saggi, ha realizzato film e una serie infinita di programmi televisivi. Se va avanti così, quanto a prolificità, oscurerà Georges Simenon”, ha detto di lui il critico televisivo Aldo Grasso. I suoi romanzi: “L’estate torbida” (1991), “Indagine non autorizzata” (1993), “Via delle oche” (1996), Almost Blue (1997), “Il giorno del Lupo” (1998), “L’isola dell’angelo caduto” (1999), “Laura di Rimini” (2001), “L’ottava vibrazione” (2008) e “Il sogno di volare” (2013). Per la Rai ha condotto “Mistero in Blu”, successivamente “Blu notte” e “Blu Notte Misteri italiani”, quindi “Lucarelli racconta”, passando in rassegna l'ultimo cinquantennio della storia italiana attraverso i suoi misteri insoluti. Dal 25 aprile è tornato in onda con la “Tredicesima ora”, raccontando percorsi di ribellioni e di riscatto, vicende individuali ma emblematiche. 

I suoi libri sono tradotti in tantissime lingue. “Mi piace essere letto anche fuori dai confini nazionali. Quello con l’estero, però, è un rapporto difficile: le storie sono ancorate alla realtà italiana, difficili da capire, soprattutto se riguardano le dinamiche della politica, della finanza e della criminalità organizzata”. 

La traduzione non aiuta. “Rendere il linguaggio gergale bolognese in un equivalente australiano non è facile. Lo scrittore italiano, però, alla fine si fa capire. Basti pensare a Camilleri, che parla di una Sicilia tutta sua, in un siciliano inventato da lui: dovrebbe essere un autore intraducibile e invece ha un successo enorme perché racconta molto bene un’Italia che interessa e che appassiona”. 

Soprattutto se si parla di sangue e omicidi. “Scrivere della parte oscura significa scrivere anche di quella chiara. Parliamo di mafia e la gente si arrabbia. E invece no, perché parliamo anche di antimafia, dell’altra Italia. Di sicuro riusciamo a rendere le emozioni del nostro Paese e a suscitare interesse. All’estero la gente studia la lingua e cultura italiana dopo aver visto un bel film, letto un bel libro o aver mangiato un buon piatto. Ecco, noi facciamo questo: serviamo da apripista”.  

Da dove nasce la passione per il giallo? “Da giovanissimo mi misi a leggere i romanzi di Giorgio Scerbanenco e fu una rivelazione: la tecnica del mistero ti racconta una cosa importante ma non te la dice subito. Scrivere romanzi noir riveste anche una funzione civile: ci sono delle cose che non ci piacciono, ma le raccontiamo per cambiarle. Uso l’espediente narrativo del noir anche in tv per catturare l’attenzione. Poi la forza sta nella storia. Ho comiciato con la cronaca nera e gli intrecci tra soldi, sesso e potere. Quindi sono passato a casi più complessi che hanno a che fare con politica, finanza, stragi e terrorismo, difficili da raccontare e istintivamente noiose. Ecco: lì il giallo mi ha aiutato”.  

Un approccio che lei propone anche per la ‘Tredicesima ora’. “Raccontiamo delle storie che aprono una finestra su un problema più generale. La narrazione comincia dal punto di svolta nella vita di una persona. E proprio da questo momento comincia una narrazione a ritroso che, tassello dopo tassello, accompagna lo spettatore dall’ignoto verso il noto. È un’evoluzione del racconto portato avanti negli ultimi 13 anni con ‘Blu notte’: abbiamo raccontato i crimini, poi le grandi criminalità organizzate, ora storie apparentemente piccole. Confrontarmi con vicende personali mi dà la possibilità di fare l’autore e non lo storico: posso metterci le mie immagini, le mie parole, racconto l’animo di una persona”.  

Forse sarebbe il caso di tornare sui grandi misteri italiani alla luce della recente desecretazione dei documenti sulle stragi. “Ci torneremo: in passato abbiamo potuto raccontare le cose in maniera molto dubitativa, come la strage di Ustica, fermandoci alla verità giudiziaria. Se salteranno fuori altre verità, faremo finalmente delle trasmissioni senza condizionali”. 

La criminalità oggi. “La microcriminalità è meno pericolosa di quella che sta dietro: non soltanto quella organizzata, ma anche ambientale, strutturale, di una certa politica e di una certa finanza. È questa quella che mi fa più paura, perché corrode il sistema”.

L’assassino perfetto oggi non è più il maggiordomo. “Probabilmente è il padrone”. 

L’immagine della criminalità nostrana esportata da film come ‘Il Padrino’, ‘Scarface’ o serie come “I Sopranos” fa quasi parte del Made in Italy e ‘affascina’ moltissimi connazionali.  
“Non è sbagliato fare cose sulla mafia, però bisogna raccontare tutto. Quando si fa ‘Il capo dei capi’, non si deve mai perdere di vista il fatto che stiamo parlando di gente che ammazza. Joe Pesci di “GoodFellas” è il ritratto di un personaggio reale. Ma quando poi massacra un poveraccio per terra, non ci può più stare simpatico. Alla fine quelli come lui finiscono tutti male. Scarface muore, ma i suoi fans dicono: ‘Tanto quello è solo un film”. Si fermano prima. Scarface è vero fino a quando ha successo. Ecco: devono prendere tutto il pacchetto, fino alla fine. Parlare di certe cose, ti permette di raccontare - a chi è vittima di questa fascinazione - che Peppino Impastato, Falcone e Borsellino sono altrettanto affascinanti. È bello giocare col negativo, è il mio mestiere: la regina cattiva è sempre più affascinante di Biancaneve. Il punto è che, se fai una fiction su Totò Riina, ci metti pure che uccide i bambini, senza aver paura che la gente cambi canale”. 

Emigrazione argomento di una sua prossima storia? “Ho sempre pensato che uno scrive quello che conosce. È per questo che ho ambientato molte mie storie a Bologna, diventata quasi la metafora del mondo. Però se vuoi raccontare l’Italia devi raccontare anche quella all’estero. Scriverò sicuramente un libro sugli italiani all’estero senza che si ammazzi nessuno. Ma prima devo documentarmi”.  

Il suo messaggio ai giovani. “È finito il tempo dei compromessi: i giovani di oggi o decidono di dare un taglio netto con i cattivi comportamenti del passato oppure il futuro non ce l’hanno più”.

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