Dopo 7 anni, nel 2015-2016 il bilancio dello stato torna in attivo: +1.9 miliardi di dollari. E il Primo Ministro Harper gongola
In
molti lo avevano già dato per spacciato, speculando sulla crisi economica che
continua a mordere, e scommettendo sulla ‘naturale’ voglia di cambiamento degli
elettori dopo 8 anni ininterrotti di governo conservatore. Ma avevano fatto i
conti senza l’oste: il Primo Ministro Stephen Harper, infatti, è più che mai
“ancorato” alla sua poltrona, lanciatissimo verso una clamorosa riconferma alle
elezioni del prossimo anno. Tanto da rischiare di passare alla storia come uno
dei Premier più longevi della storia politica canadese, davanti a Jean Chrétien
e dietro a “mostri sacri” come Mackenzie King, John A. Macdonald, Pierre
Trudeau e Wilfrid Laurier. Perché, alla fine, “il potere logora (sempre e solo)
chi non ce l'ha”, come usava ripetere sapientemente un intenditore di razza
come Giulio Andreotti. A certificare lo stato di ottima salute di cui gode il
governo conservatore sono due recenti sondaggi: il primo, firmato ‘Ekos’,
dimostra come il vantaggio liberale di 12 punti si sia ridotto a 3 sole
lunghezze (33.5 contro 30.2), mentre ‘Nanos’ attesta come Harper abbia scalzato
Trudeau come “migliore Primo Ministro”, incassando il 32% dei consensi contro
il 30% a favore del leader liberale ed il 20% del neodemocratico Mulcair. Una
tendenza destinata a rafforzarsi, soprattutto alla luce dell’ultimo annuncio:
dopo 7 lunghi anni di deficit, l’esercizio finanziario in corso è destinato a
chiudere con un passivo di appena 2.9 miliardi di dollari; ma già nel 2015-2016
segnerà un surplus di 1.9 miliardi, che poi diventeranno 4.3 nel 2016-2017, 5.1
nel 2017-2018, 6.8 nel 2018-2019 e addirittura 13.1 miliardi di dollari nel
2019-2020. Numeri leggermente inferiori rispetto a quelli previsti nella
manovra finanziaria depositata lo scorso febbraio, ma decisamente positivi se
si considera il minor gettito fiscale derivante dal calo congiunturale del
prezzo del petrolio (-25%, con perdite pari a 2.5 miliardi all’anno) e dalla
riduzione delle tasse per le famiglie con figli a carico e delle imposte che
gravano sulle piccole e medie imprese: per una spesa complessiva di 3.2
miliardi. Misure “ossigenanti” che hanno ritardato il pareggio ma, allo stesso
tempo, hanno contribuito ad ‘asciugare’ la pressione fiscale federale, che ha
toccato il punto più basso degli ultimi 50 anni. Senza contare che il prodotto
interno lordo continua a galoppare ad un ritmo medio del 2.3%. Ad annunciare la “buona novella”,
nei giorni scorsi, è stato il ministro delle finanze Joe Oliver, davanti alla
platea del “Canadian Club” di Toronto: “Non è mai facile raggiungere il
pareggio di bilancio, soprattutto quando molti Stati si ritrovano ancora con
deficit importanti – ha detto il titolare del Tesoro -: è stato necessario
disporre di un progetto a lungo termine e di molta disciplina per metterlo in
pratica”. Scontate e sferzanti le critiche delle opposizioni, che hanno bollato
l’aggiornamento del
quadro finanziario come “iniquo” ed “elettoralistico”. La verità è che Harper
ha saputo giocare alla perfezione le sue carte, coniugando il controllo
rigoroso della spesa, grazie ai bisturi che hanno costretto ad una severa ‘cura
dimagrante’ molti Ministeri, con il rilancio dei consumi e degli investimenti
per stimolare la crescita. Un dato reale sotto gli occhi di tutti, grazie ad
una ricetta vincente, che farebbe al caso di molti Stati ancora ‘in apnea’. A
cominciare dal nostro amato e tormentato Belpaese.
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