Tuesday, June 3, 2014

Il giudice Discepola: istruzione e orgoglio italiano



I giuristi italo-canadesi hanno onorato i 36 anni di carriera del magistrato nato ad Avellino

Montréal – In genere i giudici vengono percepiti come rigidi e severi, sempre seriosi, antipatici, immuni dalle tentazioni, scevri da ogni debolezza. Niente di più sbagliato. Perché i giudici possono essere anche umili, ironici, sensibili e simpaticissimi. Proprio come Antonio Discepola, giudice della Corte municipale di Montréal, al quale il 30 maggio ha reso omaggio l’Associazione dei giuristi italo-canadesi del Québec in occasione del banchetto annuale che quest’anno, nella cornice della sala da ricevimento Le Rizz ed alla presenza di quasi 300 invitati, ha celebrato il 10º anniversario di fondazione. Tra le personalità presenti, ricordiamo: il Console d’Italia Enrico Padula accompagnato dalla consorte Milena; Jean-François Buffoni, giudice alla Corte superiore del Quebec; l’avvocato Carmine Mercadante, i deputati Massimo Pacetti e Rita de Santis, Joe Borsellino, presidente del Consiglio di amministrazione del Centro Leonardo da Vinci; Pino Asaro, presidente del Congresso; il Sen. Basilio Giordano e la Sen. Marisa Ferretti Barth; il consigliere di Saint Léonard Dominic Perri ed il Commissario scolastico Vincenzo Galati. L’associazione, fondata il 29 maggio del 2002, ha dedicato la serata ai 36 anni di carriera del giudice Antonio Discepola, nato a Volturara Irpina (Avellino) il 25 gennaio del 1951, laureato in Legge nel 1978 e membro fondatore del sodalizio. A coordinare gli interventi sul palco, intervallati dalla musica di Perry Canestrari, sono stati la vice presidente Anna Colarusso, avvocato dello studio legale Kaperonis & Colarusso, e Dino Mazzone, direttore esecutivo della Fondazione The Marianopolis Millennium e presidente della ‘National Italian-American Bar Association’, entrambi membri-fondatori dell’organismo. Il presidente dell’Associazione, Philippe Messina, ha ricordato i tre obiettivi del sodalizio: garantire agli italo-quebecchesi il  ruolo che meritano nella società, il sostegno a chi sceglie questa professione e la salvaguardia dei diritti di tutti i membri della Comunità. Il Console Padula, dal canto suo, ha sottolineato come l’abbinamento tra la cultura giuridica italiana, di matrice romana, e quella nordamericana, di ispirazione anglosassone, rappresenti un interessante ponte tra due culture giuridiche fondamentali. Quindi è stata la volta del giudice Discepola, che ha reso omaggio alle sue origini e all’educazione ricevuta dai genitori, con un discorso molto profondo, rotto, a tratti, dalla commozione ma stemperato da una sagace ironia. Cominciando da un retroscena sulla sua candidatura ad ospite d’onore della serata: “Ho detto subito di no, giustificandomi con la necessità di invitare un personaggio in grado di riempire la sala: oggi siete tanti quanti erano presenti alla serata in onore del giudice della Corte Suprema Iacobucci. Grazie per la generosità”. Sull’Associazione: “A coloro che dicevano che non sarebbe durata più di 3 anni, ho sempre ribattuto che, se i nostri antenati sono riusciti a costruire un impero, noi ce la saremmo potuto cavare altrettanto  bene”. Poi sulla sua infanzia: “Sono nato in un piccolo paese senza acqua corrente, elettricità e libri. I miei genitori non sono mai andati a scuola e mi rimproveravano scagliandomi addosso anche le scarpe. Non mi hanno mai detto ‘Ti vogliamo bene’, non era necessario: sapevano che facevano tanti sacrifici per il mio futuro. Sono stati duri con me, è vero, ma solo per farmi diventare una buona persona. Mio padre mi diceva sempre: ‘Bisogna studiare, per dimostrare di cosa siamo capaci; per uscire dalla povertà, è necessaria l’istruzione. Inutile perdere tempo a lagnarci’”. Quindi il riferimento alla Commissione Charbonneau: “Basta lamentarci: lavoriamo ancora di più e preserviamo con orgoglio le nostre origini: siamo i discendenti di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Meucci, Amerigo Vespucci, Verrazzano, Giovanni Caboto. Guardiamo al passato con fierezza: siamo come l’oro che non si sporca mai”. Sulla sua professione: “Un inglese diceva: ‘Basta essere dei gentiluomini e, se si conosce un pò di legge, tanto meglio’. Di certo, se vi riesce difficile prendere decisioni, questo mestiere non fa per voi”. Infine una sorta di testamento per le nuove generazioni: “Sono sei gli ideali che i nostri antenati ci hanno lasciato: pensiero, azione, sacrificio, dignità, forza e concordia: fatene tesoro”. Ideali che sicuramente sono rimasti scolpiti nel cuore e nella mente dei tre giovani italiani studenti in Legge, a cui sono andate tre borse di studio da 1.000 $: Marcus Moore (McGill University Law School), Hugo St-Laurent (Université de Laval) e Kimberly Parisi (Université de Montréal). Essere italiani, oggi, è un motivo di orgoglio. Esserlo da giudici è una responsabilità, ma anche una sfida per riscattare le ingiustizie subìte dai nostri padri o dai nostri nonni. (V.G.

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