Un budget duro, ma
necessario per risanare le casse dello Stato e garantire un futuro stabile alle
prossime generazioni. Il governo Couillard ha fatto una scelta di campo:
inutile tergiversare, il pareggio di bilancio è ormai una priorità
improcrastinabile. Da raggiungere entro il 2016. Ad ogni costo. “Non è
un’ossessione, ma un obbligo”, ha dichiarato il Ministro delle Finanze, Leitao.
Seguendo così l’esempio virtuoso di Ottawa, che nello stesso periodo punta addirittura
ad accumulare un attivo di 6.5 miliardi di dollari destinato ad essere
restituito ai contribuenti per alleggerirne il carico fiscale. Il governo
liberale si è esposto troppo, per permettersi di fallire. Couillard ci ha messo
la faccia e ora si gioca buona parte della sua credibilità: per questo motivo
ha optato per una ‘terapia d’urto’ che prevede nuove tasse (le solite, i primi
ad essere colpiti ad ogni latitudine sono i bevitori e i fumatori, come se i
vizi fossero una colpa anche agli occhi dello Stato), ma anche, e soprattutto
(e qui sta la novità più coraggiosa, ma anche più rischiosa), tagli consistenti
alla spesa pubblica, da cui non vengono risparmiati neppure due settori
‘sensibili’ come la Sanità e l’Istruzione. È come se Couillard volesse accattivarsi
la simpatia dei cittadini con un messaggio tipo: “A qualcuno di voi chiedo
qualche sacrificio in più, ma io dò l’esempio e faccio altrettanto”. Un
approccio quasi paternalista e populista, per indorare la pillola
dell’austerità implementata attraverso il doppio binario dell’aumento delle
tasse e del taglio della spesa. Per mettere i conti in ordine, dunque, il
governo punta ad una cura dimagrante all’interno della sua stessa
amministrazione: solo per questo esercizio finanziario, infatti, i Ministeri
(13 su 22 quelli ‘colpiti’) sono chiamati a stringere la cinghia ed a
risparmiare 3.3 miliardi di dollari. E non è che l’inizio: i tagli saranno
ancora più massicci l’anno prossimo (2015-2016), in base al rapporto che
presenterà nei prossimi mesi la ‘Commissione per la revisione permanente dei
programmi’, organismo istituito dall’esecutivo per passare al setaccio tutti i
programmi governativi, stabilendone la pertinenza e la portata. E quindi
l’eventuale taglio. A ciò si aggiunga il congelamento dei funzionari (che negli
ultimi 10 anni sono cresciuti di 48 mila unità): le nuove leve non prenderanno
automaticamente il posto di chi andrà in pensione. Per quanto ambiziosa, però,
la ricetta di Couillard, messa nero su bianco da due economisti affidabili e di
grido come il Ministro delle Finanze Leitao e il Presidente del Consiglio del
Tesoro Coiteux, rappresenta un’arma a doppio taglio e rischia di rivelarsi un
boomerang: i liberali puntano a fare cassa attraverso una macchina dello stato
più snella e leggera, senza per questo scontare una diminuzione dei servizi
elargiti. La parola-chiave è produttività: Couillard vuole ‘potare’ i rami
secchi della burocrazia e scommette sulle capacità dei funzionari, i quali,
consapevoli di essere in numero inferiore e di avere meno soldi a disposizione,
dovranno impegnarsi ancora di più per garantire gli stessi standard di
efficienza e qualità. Uno scenario ideale, che potrebbe però scontrarsi con una
realtà molto più complicata e penalizzante. I servizi, infatti, potrebbero
deteriorarsi per mancanza di finanziamenti e/o insufficienza di personale: in
questo modo il cittadino medio, insoddisfatto, si ritroverebbe costretto a
rivolgersi al settore privato. Oppure l’organismo pubblico di turno, a corto di
liquidità, si rivolgerebbe direttamente al cittadino-cliente chiedendogli quei
soldi che lo Stato centrale non gli garantisce più. In entrambi i casi, a
rimetterci sarebbe proprio il cittadino, che conoscerebbe una forte impennata
dei costi. Oltre al danno, anche la beffa. Un esempio su tutti: le commissioni
scolastiche, martoriate dai tagli, si potrebbero sentire autorizzate ad
aumentare la tassa fondiaria per far fronte ai mancati proventi. Alla fine,
insomma, il paradosso potrebbe essere quello di “pagare di più per avere di
meno”. Tanto che i quebecchesi già sentono ‘puzza di bruciato’. Secondo un
sondaggio Leger, pubblicato il 6 giugno scorso, due cittadini su tre non
credono che il governo porti a casa il pareggio di bilancio già l’anno
prossimo; e, quasi uno su due, si dice scettico sulla possibilità di rimettere
in moto l’economia con la creazione di nuovi posti di lavoro. Che la pillola
sia troppo indorata, per essere credibile?
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