La sofferenza dell’emigrante: “Mamma,
papà e l’Italia”
Una donna che, ‘in
punta di tacchi’, abbraccia teneramente il suo uomo: è questa
l’immagine-simbolo (la foto campeggia anche sulla copertina del depliant
illustrativo della serata) che riassume il tema del 77º Gala della Casa
d’Italia (“L’arrivo in Canada”) che si è tenuto il 9 novembre scorso nella
cornice della sala da ricevimenti ‘Madison’, a St-Léonard. Un omaggio allo
“sbarco” di tanti immigrati italiani (in una sorta di ‘trilogia’ che ha visto
la serata dell’anno scorso dedicata alla partenza e che vedrà quella dell’anno
venturo consacrata all’integrazione) che hanno avuto la forza di sfidare
l’incertezza e l’ignoto per realizzare il loro sogno più grande: garantire ai propri
figli una vita libera dalle catene della fame, degli stenti e dei sacrifici.
Come ha fatto Elisa Germano Pillarella, a cui le quasi 600 persone
presenti in sala, tutte in piedi, hanno dedicato una commovente ‘standing
ovation’ onorandola per aver dedicato tutta la sua vita ad assistere i nuovi
arrivati. Nata a Ururi, paesino in provincia di Campobasso, nel 1920, e giunta
a Montréal nel 1948, sin da subito si è impegnata ad aiutare i connazionali
sbarcati, nelle veci di segretaria del ‘Comitato pro Nuovi Arrivati’, organismo
creato da Mario Duliani, all’epoca caporedattore del giornale ‘La Verità’. Nel
1951, poi, ha aperto la prima biblioteca, nonché sala di lettura, alla Casa
d’Italia. Ha insegnato latino, italiano e matematica a migliaia di studenti. Ed
ha lasciato il Picai solo a 83 anni. Una vita vissuta con umiltà e in silenzio,
al servizio del prossimo e della cultura italiana: per lei un mazzo di fiori e
qualche lacrima di gioia. Un riconoscimento più che meritato per “la donna che
ha saputo dare il dono della speranza” a tanti nostri connazionali. Ad
introdurla agli invitati, un’impeccabile Ivana Bombardieri, nella
duplice veste di ‘maître de cérémonie’ ed ospite speciale. Nata a Susa, in
Provincia di Torino, anche Ivana è un esempio di immigrazione di successo.
Arrivata in Canada quando aveva 14 anni, dal 1969 è la voce strorica di CFMB
1280. Nel corso della sua brillante carriera ha intervistato personalità del
calibro di Pierre Elliott Trudeau e Gina Lollobrigida. A fare le veci di
presidente d’onore, quest’anno, è stato Mario Rigante, della Banque de
Montréal: sposato e con 3 figli, è membro del consiglio di amministrazione
della Fondazione En Cœur, che fornisce un valido supporto ai bambini con
malattie cardiache congenite e alla loro famiglie. “Quando sono stato ad
Halifax – ha raccontanto - a visitare il molo ‘Pier 21’ (dove sbarcò la maggior
parte degli emigrati italiani nel secondo dopoguerra), ho potuto rivivere sulla
mia pelle l’esperienza di chi è sbarcato dalle navi. Come quella di mia madre,
che non dimenticherà mai il padre gridarle invano, quando ormai la nave era
salpata, di scendere e tornare indietro. Una scena straziante che mi è rimasta
impressa nel cuore e che mi ha fatto capire cosa voglia dire essere italiani,
avere dei valori e compiere dei sacrifici per garantire ai propri figli un
futuro migliore”. Ivana ha poi ricordato la presenza di altri due ‘specials
guests’: Robert Diodati e Mario Pampena, artisti che per oltre 40
anni hanno diretto ‘The Showmen Orchestra’ divertendo il pubblico siciliano,
così come quello newyorkese, con sonorità disco/funk ‘temperate’ con quelle
tipiche della salsa o del jazz, del blues e del folk. Parlando di musica e di
Casa d’Italia, non poteva mancare il Corpo Musicale dell’Ordine Figli d’Italia,
tornato in attività dopo 70 anni, sotto la guida del maestro trombettista Ron
Di Lauro, nipote di quel Nicola Di Lauro, emigrato a Montréal nel 1913,
membro fondatore dell’Ordine Figli d’Italia e suonatore di grancassa nella
banda fondata nel lontano 1937. Tra gli ospiti in sala anche la Sen. Marisa
Ferretti Barth, fondatrice del CRAIC), e Ani Samson, neo sindaco
dell’arrondissment di Villeray-Saint-Michel-Parc-Extension. A chiudere la
‘giostra dei discorsi’ è stata la presidente del Centro culturale della Piccola
Italia–Casa d’Italia, Angela Minicucci, anche lei figlia di immigrati
(madre abruzzese e padre molisano). “Nel 1931 – ha detto - a Montréal, c’erano 9 mila immigrati italiani
e 20 mila di origine italiana. Il 1º novembre del 1935 nasceva la Casa d’Italia
grazie proprio all’impegno di questi pionieri: questa sera, tra di noi, ci sono
nipoti e pronipoti di questa prima generazione. Arrivare in Canada non è stato
facile: gli italiani dovevano convivere con la triste realtà del razzismo. È
con coraggio che siamo riusciti a fare la differenza: il nostro arrivo ha
cambiato il panorama della città, grazie a bagagli piccoli ma pieni di valori,
come l’onore, lo spirito di sacrificio e la dignità. Gli italiani hanno svolto
i lavori più umili, nelle condizioni più avverse, ma erano felici. Nel 1971, il
55% dei canadesi aveva una casa: nello stesso anno, il 77% degli italiani era
proprietaria di una casa. Nel 1973, l’83% dei canadesi è andato in vacanza: in
quello stesso anno, solo il 18% degli italiani ha preso le ferie. Una volta, di
fronte all’oceano, durante una vacanza nel New Jersey, chiesi a mio nonno,
Giovanni Di Meo (nato in prov. dell’Aquila) mentre, distante e silenzioso,
fissava l’orizzonte: ‘Cosa c’è dopo il mare?’. E lui mi rispose con 3 parole:
‘Mamma, papà e l’Italia’. Non oso immaginare la sofferenza dell’emigrante: le
parole di mio nonno rimarranno per sempre nel mio cuore, perché sono il simbolo
del suo sacrificio. La storia dell’emigrazione italiana a Montréal fa parte del
nostro patrimonio collettivo: ogni storia ci rivela le più importanti storie di
vita; e di questo noi, i vostri figli, nipoti e pronipoti, ve ne siamo grati”.
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