di
Vittorio Giordano (Il Cittadino Canadese)
L’italo-canadese ha appena acquistato
l’Ascoli Calcio, dimostrando tutto il suo amore per il Belpaese e la città
natale: “Nella mia vita ho speso tanti soldi, questi sono quelli investiti
meglio”. Però non nasconde l’amarezza per un Paese che non aiuta chi investe
Scienziato e imprenditore di successo nel settore della bio-farmaceutica con oltre 30 brevetti all’attivo; co-fondatore della Biochem Pharma, che ha lanciato l’Epivir, il farmaco più venduto al mondo contro l’HIV; acerrimo nemico di malattie della vecchiaia come diabete e alzhaimer; Grande ufficiale e Cavaliere del lavoro; filantropo e campione di solidarietà (ingenti i finanziamenti elargiti a Ospedali come St.Mary’s, St. Justine e Marie-Clarac); amante della caccia e della pesca; cultore del buon vino (la sua ‘Domodimonti’ produce oltre 200 mila bottiglie all’anno) e appassionato di calcio; da qualche settimana è salito alla ribalta della cronaca per aver comprato l’Ascoli Picchio FC 1898. Un gesto di estrema generosità, “per restituire dignità e orgoglio” alla sua città natale. Con la promessa di riportare la gloriosa società agli antichi fasti. Stiamo parlando di Francesco Bellini, l’uomo della provvidenza, che in Québec ha creato un impero nel settore farmaceutico, grazie alle sue abilità di ricercatore e di uomo d’affari. Nato ad Ascoli nel 1947, si è trasferito appena ventenne in Canada dove ha conseguito il Bachelor of Science presso la Concordia University nel 1972, ed il Dottorato in chimica organica presso l’Università di New Brunswick nel 1977. Co-fondatore di Biochem Pharma, di cui è stato presidente e amministratore delegato dal 1986 al 2001, è considerato uno dei pionieri della scienza “mixata” all’imprenditoria nel settore bio-farmaceutico. Oggi Francesco Bellini - sposato con Marisa e padre di Roberto e Carlo - è presidente della Picchio International, la holding di famiglia che gestisce 6 società: Bellus Health, Klox Tecnolgogies, FB Health, Domodimonti, Iniziative Immobiliari Marchigiane e, appunto, l’Ascoli Picchio FC 1898.
Dott. Bellini, com’è
nata l’idea di acquistare l’Ascoli? “Con il fallimento della società, ho visto una
città demoralizzata. Non l’ho fatto per i soldi o per la gloria, ma per la
gente. Vedere i tifosi piangere di gioia nel giorno dell’acquisto mi ha
commosso. Ne ho spesi tanti di soldi nella mia vita, ma questi sono quelli
spesi meglio”.
Come pensa di
gestire l’Ascoli in un momento in cui l’economia stenta a decollare? “Il calcio è la più importante industria italiana, ma anche
quella in cui succedono le cose più strane. Per questo motivo, come direttore
generale, ho scelto il giornalista Gianni Lovato, una persona che conosco da
tempo e che mi ha impressionato per l’onestà e la profonda conoscenza del mondo
del calcio. In più posso contare su altri azionisti di minoranza, noti imprenditori
ascolani come Battista Faraotti, Giuliano Tosti (nato a Montréal) e Gianluca
Ciccoianni”.
Quando un giorno il
suo Ascoli incontrerà la Juve, visto che lei nasce juventino, per chi farà il
tifo? “Sono juventino da quando avevo 5
anni, farò sempre il tifo per la Juve, anche se il mio cuore ora batte per la
mia città”.
Come nasce la sua
passione per i farmaci e come concilia scienza e imprenditoria? “L’amore per la scienza è arrivato quasi per caso: appena
giunto in Canada, ho lavorato in una fabbrica che produceva colla, occupandomi
del controllo della qualità. Poi un veterinario italiano, che lavorava nella
‘Ayerst Laboratories’, mi ha convinto ad andare a lavorare con lui nel
Dipartimento di tossicologia. Sono rimasto subito affascinato. Tutto ha avuto
inizio più per obbligo lavorativo. L’entusiasmo è venuto dopo. Il bello della
ricerca è inventare qualcosa: una volta che scopri una molecola, la sperimenti
in laboratorio, poi nei topi e cerchi di capire come modificare la vita degli
esseri umani”.
La scoperta non
basta, bisogna commercializzarla. “Quello che
abbiamo fatto per tanti anni era scoprire e portare avanti un brevetto. Poi lo
cedevamo a chi si occupava della sua commercializzazione. Oggi facciamo meno
ricerca e più sviluppo. Tra le ‘invenzioni’ di cui vado più orgoglioso c’è
l’Epivir, scoperto dalla Biochem Pharma. Grazie a questa scoperta, oggi l’Aids
è diventata una malattia cronica”.
Sarebbe mai potuto
diventare quello che è diventato senza venire in Canada? “Non penso. Il Nord America è la terra delle opportunità,
grazie anche ad una mentalità meritocratica.In Italia, invece, vige ancora la
raccomandazione. Vengo da una famiglia al di sotto della classe media: mio
padre lavorava per la Canadian Pacific, mia madre in una sartoria. La mia non è
stata una famiglia facoltosa. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto,
aiutandomi a pagare gli studi. Tutto quello che è venuto dopo, però, l’ho fatto
da solo. In Italia dubito che avrei potuto farlo. È questa la terra del
futuro”.
Sempre più giovani
lasciano l’Italia. Quale destino spetta al nostro Paese? “I dati ufficiali parlano di oltre il 40% dei giovani senza
lavoro, ma penso che siano molti di più. I problemi sono molti: lentezza nelle
decisioni, mancanza di governabilità, ma soprattutto mancanza di controllo
sulle risorse finanziarie. Voglio soffermarmi sull’euro. In questo momento, dal
punto di vista finanaziario, l’Europa è gestita come se tutti i membri
facessero parte dell’economia tedesca. Ma non tutti i Paesi sono uguali. Ed in
questo momento ci sono più svantaggi che vantaggi. Per me sarebbero necessari
molti più incentivi per rimettere in moto l’economia. In Italia, oggi, è
impossibile beneficiare di un prestito: le banche preferiscono investire i
soldi per comprare i buoni del Tesoro. L’Italia non è competitiva. Io produco
anche vino e, se l’euro avesse lo stesso valore del dollaro, potrei vendere il
doppio. Le spese di produzione sono enormi: un bracciante agricolo, che
percepisce 55 euro netti al giorno, costa all’azienda almeno il doppio”.
Il mercato
principale della sua azienda vinicola è al 90%
l’estero. “Le Marche non sono conosciute
per produrre vini eccezionali. I nostri vini sono differenti e sono
generalmente più cari di altri, anche perché sono prodotti senza additivi chimici.
La nostra cantina è costruita attraverso un’architettura moderna ed inserita
lungo il pendio di una rigogliosa collina, con basso impatto ambientale”.
Che obiettivi si
pone per il futuro? “Mi piacerebbe fare una vita più tranquilla,
andare a caccia e a pesca, e girare il mondo. Oggi si vive più a lungo, però la
vecchiaia non dura per sempre. In Canada, comunque, il futuro è bello”.
Lei controlla anche
la FB Health, con sede ad Ascoli. “Sì,
quest’azienda italiana, che genera più di 5 milioni di euro di fatturato,
sviluppa e commercializza prodotti farmaceutici per la prevenzione e il
trattamento di patologie come l’Alzheimer. Impieghiamo più persone in Italia
che in Canada: all’Ascoli Calcio ci sono 22 giocatori, più una trentina di
dipendenti; alla FB Health abbiamo una trentina di dipendenti; un’altra
quindicina a Domodimonti. In Canada ci sono meno dipendenti, ma le aziende
valgono di più”.
Quindi lei fa più
utili in Canada che in Italia. “Noi perseguiamo
obiettivi di lungo termine: partiamo da un’idea, da una tecnologia, investiamo
i nostri capitali, talvolta ricorriamo ad altri investitori, fino a portare la
società in utile e quindi la vendiamo. Non sempre i risultati sono positivi,
ma, finora, ho avuto risultati importanti”.
Qual è il suo rimpianto
più grande? “Penso di aver venduto la mia 1ª
società, la Biochem, troppo in fretta. L’ho fatto perché non riuscivo a trovare
una persona che mi sostituisse e che mi potesse succedere”.
Lei ha dimostrato
che scienza e imprenditoria possono viaggiare a braccetto. “Penso che si possa fare, anche se non è facile. Una cosa
è certa: una persona che ha studiato economia può essere un buon uomo d’affari
ma, se non conosce la scienza, difficilmente può fare il ricercatore. Per
qualcuno che invece ha una preparazione scientifica, è molto più facile fare
business. Oggi mi sento più imprenditore, all’inizio della mia carriera
probabilmente più scienziato”.
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