L'intervista alla candidata liberale nella contea di Bourassa-Sauvé
di Vittorio Giordano
Montréal - È stata eletta il 4
settembre 2012 con il PLQ, è soddisfatta del suo primo mandato e già guarda con
fiducia al 7 aprile, quando gli elettori della contea Bourassa-Sauvé (48 mila
gli elettori in tutto, di cui 7.500 italo-canadesi), saranno chiamati a
riconfermarla. È Rita de Santis, da oltre 31 anni brillante avvocatessa
e da sempre impegnata a sostenere le iniziative della nostra Comunità. “Sono
fiduciosa - ci ha detto - e spero di ottenere una maggioranza più larga
dell’ultima volta, quando ho preso 4 mila voti in più del PQ. La differenza
l’hanno fatta gli italiani: è importante che si rechino alle urne anche
stavolta. Molti pechisti voteranno per me perché sono Rita. Così come tanti
musulmani (che di solito votano per QS), perché contrari alla Carta dei valori.
Sono una candidata che unisce”. Sulla Carta dei valori cosa ci dice?
“Couillard ha fatto di tutto per trattenere Fatima Houda-Pepin. L’unica
differenza con la nostra linea era che i giudici, le guardie penitenziarie e i
poliziotti non indossassero simboli religiosi. Ma abbiamo avuto casi di giudici
con la kippah e poliziotti con il turbante che hanno svolto in maniera
impeccabile la loro funzione. Nella realtà non esiste alcun problema. E perché,
poi, uno di loro non dovrebbe indossare simboli religiosi mentre un insegnante
sì? Se in una scuola di Montreal-Nord, dove ci sono bambini di 68 nazionalità,
i professori portano indumenti religiosi, non fanno altro che rispecchiare la
diversità”. Ma la Carta gode dell’appoggio della maggioranza. “La
maggioranza non può determinare i diritti fondamentali. Ci sono delle leggi, di
tipo costituzionale o quasi costituzionale, che vanno oltre il governo di
turno. I pechisti puntano a conquistare i voti dei francofoni delle regioni:
persone più facili da spaventare perché conoscono meno da vicino la diversità.
Ma un governo non dovrebbe mai approfittare delle paure della sua gente”. Il
referendum evocato da Peladeau vi ha agevolati. “L’articolo n.1 del PQ è
l’indipendenza: chi la vuole sa che, con i giovani di oggi sempre più
globalizzati, o si fa entro 10-15 anni o non si fa più. Noi crediamo, invece,
che la lingua francesi sia più al sicuro in Canada. In Québec siamo ‘poveri’:
una famiglia che guadagna 80 mila $ rientra nella classe media, ma nel resto
del Canada la soglia è di 100 mila $. Senza contare le perequazioni, che vede
il Canada versare nelle nostre casse 9 miliardi $. Dove andiamo a prendere
questi soldi? Oggi, su 100 $, quasi il 50% va al governo. Senza contare la
TPS/TVQ, la tassa scolastica, quella fondiaria, ecc. In tasca restano 25-30 $.
Non ci sono margini per altre tasse. L’unica strada resta la riduzione degli
sprechi: più efficienza, più produttività, più consumi, più gente che paga le
tasse e quindi più entrate. Cosa che dobbiamo fare ‘a prescindere’”. Le
priorità del suo programma? “Se vogliamo combattere i tassi troppo elevati
di povertà, famiglie monoparentali e abbandono scolastico a Bourassa-Sauvé,
dobbiamo garantire degli alloggi abbordabili per i cittadini più in difficoltà.
Per i servizi sanitari, puntiamo a delle supercliniche aperte 7 giorni su 7, 24
ore su 24. Oggi abbiamo più medici di sempre, ma non sono organizzati in modo
efficiente: guadagnano di più, ma lavorano di meno”. Couillard ha promesso
250 mila posti di lavoro. “Da quando il PQ è al potere, molti investitori
si sono tirati indietro. È un fatto: i pechisti riducono le opportunità
economiche. Dobbiamo ricostruire l’ambiente giusto per invogliare le imprese a
investire. In questo modo è quasi automatico creare 50 mila posti di lavoro
all’anno. Solo nel 2013 sono andati persi 66 mila impieghi a tempo pieno. Il 7
aprile facciamo una scelta di campo: votiamo per il lavoro e il futuro dei
nostri figli, votiamo contro chi vuole separare il Québec”. (V.G.)
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